Economia da Coronavirus: c'è tutto un mondo intorno

C’è tutto un mondo intorno….E venne un giorno in cui un essere invisibile ci rivelò che avevamo bisogno del vicino di casa, quello con cui in ascensore non sapevi cosa dire tra un piano e l’altro. E venne un giorno in cui abbiamo dovuto prenderci del tempo e, di questo tempo, credo si debba condividere le riflessioni.

Di quel signore che si limitava al buongiorno e alla condivisione di opinioni sul tempo che fa, non hai mai saputo che è un idraulico, mentre la ragazza del piano di sotto studia e fa la baby sitter. Giovanni, il disoccupato del cortile di fronte, quello che se ne sta sempre al bar, non riesce a trovare lavoro: ha una licenza Ncc in tasca e 56 anni, ha perso tutti i clienti per la crisi e non lo assumono più per l’età. Poi c’è Teresa che canta e suona e mentre sei in quarantena è un piacere sentirla cantare, ma non sei mai andato ad un suo concerto. Salvatore è il fruttivendolo sotto casa, quello dove non andavi mai a fare la spesa perchè era più comodo ed economico il supermercato dove potevi riempire un carrello sentendo la tua musica preferita con l’auricolare. Oggi è un salvatore: eviti la fila chilometrica e quando arrivi ti sorride e 50 centesimi in più sui pomodori glieli dai volentieri.

L’economia da Coronavirus apre nuove dinamiche dell’acquisto e ci deve invitare a una riflessione. Ha senso comperare al supermercato o all’ipermercato, ha senso ordinare su Amazon, ha senso acquistare una stampa all’Ikea, quando per 100 euro potresti anche acquistare una fotografia originale o un piccolo disegno di un pittore vicino casa?

Negli ultimi tempi, la logica del risparmio a tutti i costi ha comperato i nostri posti di lavoro, ha concentrato i guadagni a pochi, ha creato lavoro nei luoghi dove la manodopera costa meno, ha visto le macchine sostituire gli uomini e trasformato le persone in consumatori e sempre meno in produttori. Abbiamo privato tante persone della possibilità di esprimere il loro fare, le loro doti, le loro qualità e la possibilità di essere partecipi, con la loro originalità, alla costruzione del mondo. Hanno tolto il nostro lavoro persino dalla carta di identità perchè tu non sei più riconoscibile per ciò che fai (devo ammettere che era difficoltoso ormai dichiarare l’occupazione…)

Bisogna rivedere il sistema. Bisogna ridare all’uomo la dignità del lavoro perchè chi non può fare niente è privato del suo senso e un essere infelice, sofferente e malato, è un ribelle. Allo stesso modo per cui dobbiamo stare tutti a casa per combattere la diffusione del virus e renderci consapevoli che ognuno di noi può rompere la sua catena di trasmissione, così dobbiamo riprenderci l’essere uomini: ricominciare dai nostri comportamenti e renderci più consapevoli circa l’obiettivo che vogliamo raggiungere.

Fallito il mito dell’eterno sviluppo dobbiamo impedire la concentrazione delle ricchezze e pensare ad una ridistribuzione cominciando dal nostro territorio.

Dobbiamo immaginarci un futuro in cui possiamo essere pronti in modo nuovo a fronteggiare possibili emergenze. Dobbiamo lavorare per costruire quartieri e borghi autonomi in cui tutti partecipano al bisogno della collettività, bisogna riprenderci i piccoli negozi, le botteghe artigiane, rivalutare la circolazione a chilometro zero delle merci, bisogna trovare soluzioni per lo smaltimento dei rifiuti riciclandoli senza più pensare a grandi impianti, bisogna usare le energie rinnovabili in piccole comunità autonome. Dobbiamo immaginare palazzi che si autoalimentano, dove i vasi sui balconi sono spezie e limoni, dove il concime è fatto dalla compostiera del condominio, dove non devi andare troppo lontano per la baby sitter perchè è sotto casa e se vuoi trattenere gli amici a cena puoi chiamare Teresa che canta divinamente. Puoi ridare lavoro a Giovanni che ti porta la spesa a casa. Per farlo basterebbe che la riunione di condominio si trasformasse da una discussione sulle spese in una condivisione delle reciproche competenze, che un amministratore di zona favorisse il commercio al dettaglio e l’artigianato creando tessere fedeltà alla clientela e servizi a domicilio. Con questo non significa chiudere porte, diventare nazionalisti, ma valorizzare ognuno ciò che ha, usare le proprie risorse al meglio, cercare di essere autonomi il più possibile e scambiarci il meglio o ciò di cui l’altro è privo.

Qualcuno mi ha detto che questa è pura utopia…ma che ne sarebbe di noi senza la speranza? Che ne sarebbe di noi senza l’immaginazione, quel pensiero che ci porta un pochino oltre lo scontato, quel passo che facciamo nel buio per arrivare all’interruttore della stanza? Non c’è nulla di più importante per coltivare un campo che gettare semi. Questo è il mio, ogni altro seme è benvenuto tanto quanto ogni condivisione perchè insieme possiamo creare un giardino.