“Viva L’Italia, metà dovere e metà fortuna…viva l’Italia che resiste… l’Italia che non ha paura”.
Ci sono canzoni che entrano nella nostra storia e lasciano un segno. Siamo così, come canta De Gregori, una parte di noi accetta le norme e una parte tenta la fortuna che è la misura di chi accoglie la fatalità dell’esistenza nonostante cerchi la cura. Ognuno ha una misura e una bilancia diversa, una filosofia con cui si pone alla vita. Finchè è un coniuge che non fa la dieta, un figlio che beve un bicchiere di troppo, un nonno che non ha ancora smesso di fumare ci sono pochi a guardare e a giudicare e comunque a volte sappiamo in cuor nostro perchè lo fanno e ci arrendiamo al rischio del danno, lasciamo spazio a chi ci sta accanto perchè sappiamo che è una ruota che gira e prima o poi anche a noi spetta la folle nottata, la cosa sbagliata e chiederemo clemenza.
Ma quando lo Stato ti chiede di non uccidere, di pagare le tasse e di startene a casa la platea è diversa e la tua storia individuale diventa diventa un granello nel mare. Quello che gli altri ti chiedono per appartenere al loro gruppo sociale non equivale al risultato di un’addizione di tante storie individuali. Gaber cantava: “La libertà non è star sopra un albero, non è neppure il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, la libertà è partecipazione”.
Quindi non si tratta di ubbidire come un popolo pecorone, nè di additare senza sapere, nè di insultare, ma di chiedere partecipazione è così che il gruppo sopravvive e facendo un discorso al contrario chi saresti tu, infondo, senza nessuno, senza una bandiera da issare, senza una famiglia da cui tornare, senza un amore a cui ti puoi aggrappare? Cerchiamo la misura che è ciò che separa il coraggio dalla paura, non azzardiamo pretendendo che qualcuno ci curi, ma partecipiamo pretendendo che ognuno ascolti. Buona canzone.