La logica della non violenza

unsplashVorrei ricordare che le donne non sono solo vittime di uomini, ma anche di pregiudizi sociali. Vorrei ricordare che alcuni uomini spesso sono stati mossi e giustificati nel loro infliggere violenza o morte alle donne da una legge dello Stato italiano abolita solo nel 1968: il delitto d’onore. Vorrei ricordare che da allora sono passati circa 50 anni e quindi al massimo due generazioni. Questo significa che i nostri nonni e – diciamolo – anche alcune nonne, giustificano ancora l’uomo fedigrafo e condannano la donna in minigonna come volgare. Il percorso di educazione a un nuovo rapporto tra uomini e donne non può prescindere da una nuova coscienza sociale dei rispettivi ruoli: maschio – femmina, nonché sui valori dell’individuo nella società.

La famiglia e l’individuo, è vero, devono cambiare, ma ancor prima, devono dare il buon esempio le istituzioni con leggi che difendino le “femmine” e i “maschi” contemporanei nel loro essere, nel loro riprodursi ed essere produttivi.

Viviamo in una società dove uomini e donne vivono la sessualità più liberamente, in cui la famiglia può essere mantenuta a prescindere dalla relazione di coppia nell’accudimento dei figli, dove si può essere madri e padri anche di figli di altri e dove ancora passa in secondo piano il rispetto della persona rispetto all’”appartenenza biologica o giuridica” della persona.

Vorrei ricordare che il senso di possesso dei figli e della donna sono spesso la chiave su cui si impernia e si scatena la violenza. La nostra società non accetta i “perdenti”, nè i fallimenti, esalta la forza e il potere del denaro. Chi perde un lavoro, chi perde la famiglia, chi non arriva al successo è un “fallito” e in nome de “il fine giustifica i mezzi” ancora oggi vengono usate la forza e l’azione per giustificare soprusi verso i deboli. Pensiamo anche ad alcuni movimenti politici contemporanei che ripropongono l’azione e la violenza come strumento al posto della vittoria delle idee.

In una società stressata dall’assenza di lavoro, i fallimenti privati diventano spesso baratri insopportabili per l’individuo. Vorrei ricordare anche la violenza verso i tanti padri che spesso, con separazioni e i divorzi perdono i loro figli a favore di madri che per “preconcetto” – e anche per legge – acquisiscono affidamenti esclusivi grazie a stereotipi sociali dove “le madri sono naturalmente buone” e i padri “naturalmente colpevoli” relegandoli a puri erogatori di denaro. Vorrei ricordare della mancanza di una legge che dia ai genitori il rispetto dei figli. Mi riferisco per esempio all’applicazione della legge sulla separazione e il divorzio che dà ai figli il diritto di essere mantenuti fino a quando non trovino un lavoro corrispondente alle loro inclinazioni senza alcun obbligo di dimostrare il loro impegno a cercare un impiego.

Se lo Stato non riprogetta la sua economia partendo dal rispetto dell’Uomo e della famiglia a poco serviranno le battaglie che separano singoli gruppi sociali. Pensiamo alla legge sulla mediazione civile per esempio concepita per eliminare o accelerare i processi che è stata resa obbligatoria solo per i contenziosi economici e non per le cause di divorzio. Sono segni, ma evidenti, che testimoniano come si parla tanto di difesa della famiglia senza poi di fatto darle la priorità e diventa più importante del dialogo familiare l’arretrato di una fattura. Utopie?

Mi piacerebbe pensarmi donna, non vittima, né carnefice. Mi piacerebbe pensarmi una madre grazie a un padre. Mi piacerebbe vedere mio figlio felice di poter mettere al servizio del mondo la sua individualità e produttività e pensare che il denaro sia un dono di questo e non un fine. Mi piacerebbe ricordare a tutte le donne e a tutti gli uomini che dobbiamo accudirci gli uni verso gli altri perché entrambi indispensabili e belli e perfetti proprio per la loro diversità.

 

Melina Scalise

Presidente Spazio Tadini, fondatrice della casa museo con Francesco Tadini