Se la scoperta del fuoco ha favorito la sopravvivenza della specie umana, la scoperta dell’inconscio e l’invenzione di Internet hanno dato all’uomo la possibilità di estendere la consapevolezza della propria esistenza su nuove dimensioni: da una esclusivamente concreta ad una inconscia/onirica per giungere, oggi, a quella virtuale. L’uomo contemporaneo vive dunque in tre dimensioni: concreta, inconscia, virtuale. Tutte insieme sono la nostra realtà.

Reale e virtuale non si annullano, così come non si annullano la dimensione inconscia/onirica con quella concreta. Spesso le persone tendono a pensare che il mondo reale venga danneggiato a fronte di quello virtuale. In realtà questi tre spazi dell’essere coesistono, tutte e tre insieme, dando a ogni persona l’opportunità di variare l’attenzione e il tempo in cui essere nell’una o nell’altra. Nessuno, ormai, può fare a meno di prendere in considerazione solo una di queste aree dell’essere e dell’agire.
Per esempio, nell’era contemporanea, quando facciamo la spesa, ci muoviamo al supermercato compiendo azioni semplici, come mettere nel carrello un prodotto, ma, contemporaneamente siamo tutti consapevoli di rischiare di essere vittime di pubblicità ingannevoli e messaggi subliminali sulla bontà dei prodotti e forse includiamo volentieri una bottiglia di vino per perdere, quanto basta, le briglie della razionalità. Al tempo stesso, siamo disponibili ad essere raggiungibili on line, per esempio su Facebook, per comunicare, in tempo reale, con i nostri amici su cosa comperare per la cena insieme da lì a pochi minuti.
Se tutto il 900 è pervaso dall’influenza di Freud che ha rivoluzionato il modo di pensare a noi stessi dandoci la possibilità di comprendere quanto e come la nostra fase onirica sia in realtà connessa a quella di veglia, il nuovo Millennio segna il passaggio alla dimensione virtuale grazie alla diffusione di Internet, dei cellulari e dei social.

La differenza sostanziale di questi due passaggi è che la scoperta dell’inconscio e la consapevolezza di vivere in due dimensioni (concreta e inconscia), per essere acquisita nel nostro vivere quotidiano ha avuto bisogno solo del pensiero dell’uomo, della sua parola, della conoscenza della sua storia e cultura. In pratica questa evoluzione della nostra identità è stata possibile grazie al nostro corpo e pensiero tanto quanto nell’età del Fuoco. La dimensione virtuale del vivere, invece, non può prescindere da una fonte energetica esterna all’uomo, l’energia elettrica, e da un mezzo che non è più il corpo umano, ma un mezzo esterno e tecnologico come il computer, il telefono, il tablet o altro ancora.
Oggi, per appartenere al virtuale, dobbiamo “entrare in rete” con un nuovo corpo. Pensiamo a quanto ormai capiti spesso di entrare in un locale e chiedere: “avete il wireless free?” e ritenere antiquato e meno qualificante il servizio se la risposta è “no”. Quindi non chiediamo solo di entrare in quel locale, ma tramite quel locale, di rimanere comodamente in contatto con il nostro mondo “no local”.
Ma cosa succede quando entriamo in rete? Visitiamo e apparteniamo a un mondo virtuale che è costituito da un insieme di dati, di storie, di immagini e video. Lì possiamo scegliere di essere uno o molti, veri o falsi, ma soprattutto possiamo trovare gruppi di interesse e appartenenza capaci di essere espressione delle nostre curiosità e interessi dai più diffusi ai più esclusivi o trasgressivi. Esistono ormai gruppi/organizzazioni, che raccolgono la storia degli uomini come Wikipedia, ed esistono social che presto saranno anche, per la prima volta nella storia, dei “cimiteri” virtuali.
Ogni individuo può scegliere di uscire dall’anonimato e di fare opinione. Qualcuno riesce ad avere “un valore sociale ed economico” solo grazie al web. E così l'”alter ego” non è più solo il genitore punitivo dentro di noi, ma è l”avatar” . In rete, si trasla non solo la vita concreta, ma anche il nostro inconscio che esce dalla sfera onirica, privata e atemporale. Pensiamo per esempio alle pulsioni sessuali e di morte e ai siti che hanno dato spazio, raggruppato, coltivato e condiviso queste pulsioni dando senso di appartenenza e di ragione a molti che non si sono più sentiti isolati nelle loro “solitudini” o perversioni.
I riflessi di questa dimensione virtuale sulla personalità e sulla società sono ancora tutti da esplorare, basti pensare al fenomeno delle nuove forme del terrorismo internazionale che comunica via web, o al caso recente di Tiziana Cantone, suicida per un video di sesso su Internet e a tutti i reati legati al web, su cui ancora non esiste una giurisdizione, e spesso sono frutto della non consapevolezza del mezzo.
Vittime di questo rischio sono state in particolare le persone dai quarant’anni in su che si sono avvicinate al computer e al web, quando era ancora tutto da scoprire, e non hanno percepito il rischio del mezzo (pensiamo per esempio alla navigazione su siti porno – che è stato il boom del web – quelli che si vergognavano di comperare una rivista hot o di entrare in un cinema a luci rosse non era sembrato vero di trovare di tutto on line semplicemente stando a casa! – e al reato di detenzione di foto pedopornografiche via web (minori anni 18), che fu tra i primi reati legati al web istituito dal legislatore italiano nel 1998 a causa della facile accessibilità on line anche di questo genere fotografico). Oppure al rischio di dipendenza, web addiction, ovvero l’estraniarsi dalla vita concreta trascorrendo ore e ore al computer perdendo legami affettivi, lavoro o senso di realtà. I social, ultima dimensione di “vivibilità” del web, stanno invece mietendo più vittime tra i giovani. A non aiutare la percezione di pericolo in coloro che sono rimaste vittime del web è la dominanza, nella loro percezione del vivere, della sfera concreta del la vita: l’idea di avere un oggetto usufruibile (computer, tablet, cellulare) in una dimensione privata e individuale come la propria stanza/ufficio, difficilmente fa pensare alla possibilità di condivisione di contenuti e di intercettabilità da parte di terzi.
L’adattamento a queste tre dimensioni della vita e dell’identità dell’individuo contemporaneo sono ancora in essere. Credo che la consapevolezza della contemporaneità, della molteplicità e della atemporalità, lentamente, prevaricheranno rispetto alla dimensione concreta del vivere e il linguaggio della rete, la gestione e la proprietà dei dati saranno oggetto di nuove forme di giurisdizione e rispetto della libertà individuale e della dignità dell’uomo, compreso il diritto all’informazione nella società digitale.
Melina Scalise
Psicologa, giornalista, presidente e fondatore di Spazio Tadini insieme a Francesco Tadini
L’analisi sulle implicazioni del virtuale nella nostra vita nascono da un’esperienza di vita vissuta. La vita mi ha insegnato molto sulla relazione tra reale e virtuale per la vicenda giudiziaria che ha visto coinvolto mio marito, Francesco Tadini. Ancora oggi è costretto a vivere un eterno passato e se volete saperne di più leggete la storia:
Francesco Tadini tutta la verità (anno 2018 otto anni dopo).
Giura di dire tutta la verità e disse: “lo giuro”.
Ma qual è la verità? Con l’età si impara che non è mai una, ma molte.
La verità è relativa, mutevole e tuttavia necessaria, nonostante tutto.
Dopo otto anni che continuo a leggere su internet bugie riguardanti mio marito e la sua vicenda giudiziaria, dopo tutto questo eterno passato a cui abbiamo resistito, che ci costringe a fare, di un frammento di vita, un eterno presente, direi che è indispensabile raccontare tutta questa storia. Scusate se è la mia. Merito un capitolo.
La mia verità si attiene agli atti e ai fatti di una vita: 9 anni prima e 8 anni dopo la vicenda giudiziaria. Ad oggi un totale di 17 anni con Francesco Tadini: “nella buona e nella cattiva sorte”.
Era il 5 febbraio del 2010. Lo ricordo come fosse ieri.
La prima accusa
Quel giorno gli notificarono un atto giudiziario in cui si ipotizzava che, il giorno 21 dicembre del 2009, avesse avuto un rapporto con una prostituta minorenne (Questa era l’unica ipotesi di reato scritta su quell’avviso di garanzia in cui però si ipotizzava che conoscesse anche una prostituta a cui erano stati chiesti bambini).
Bugia numero 1: il pomeriggio stesso della notifica dell’atto, compare su La Repubblica un articolo in cui si titolava che “Tadini era accusato di cercare bambini” (non era questa l’accusa)
Francesco Tadini non aveva ancora un legale e la notizia esce dal Palazzo di Giustizia prima che arrivassero i documenti alla difesa. Era già scandalo. Era già “il gallerista dei vip con galleria in Italia e all’estero” (non lo sapevo…).
Nonostante gli orridi racconti sui giornali non scatta nessun arresto (ma non era colui che era pronto a pagare per avere bambini? …)
La seconda accusa e la carcerazione
Dopo tre mesi arriva l’esito della perizia sui computer sequestrati dove trovano foto porno e pedoporno scaricate da siti internet. Viene accusato di detenzione di materiale pedopornografico e scatta l’arresto.
Il materiale contenuto nel computer, analizzato dal tribunale e dalla perizia di parte, risulta scaricato da siti accessibili a tutti e pertanto legali, mai acquistato o scambiato. Si trovano anche cartelle mai aperte, ovvero mai visionate, oltre a file frutto di scaricamenti automatici e quindi non voluti. (Grazie a questa vicenda ho imparato che l’universo pornografico in rete è vastissimo ed esistono programmi occulti per indirizzare e scaricare file ai visitatori, inoltre che la legge italiana non punisce chi visiona on line, ma chi scarica e ovviamente chi produce video con contenuti illegali).
Bugia numero 2: sui giornali si titolava: “Tadini torturava bambini” e “sevizie e abusi su minori” (erano foto disponibili in rete da siti raggiungibili da tutti)
La difesa, a seguito dell’accusa di detenzione, sceglie di procedere con rito abbreviato . L’avvocato della difesa chiede di ascoltare la prostituta che conosceva Francesco Tadini per delinearne il profilo comportamentale. Il magistrato nega l’ascolto della teste chiave, né io vengo mai interrogata per contribuire a delinearne il profilo.
Francesco Tadini sottovaluta la portata di quanto gli stava accadendo, con l’ingenuità di chi non ha mai avuto a che fare con la giustizia e la coscienza di non aver fatto male a nessuno. Così, forte della sua verità, si fa difendere da una avvocato d’ufficio neo laureata, di buona, anzi tanta, umanità, ma di scarsa esperienza.
L’interrogatorio di garanzia è un disastro: in carcere gli somministrano un sonnifero che non lo fa reggere sulle gambe. Il giorno dell’interrogatorio viene trasportato di peso davanti ai giudici in stato di incoscienza. Francesco Tadini dorme con la testa sul tavolo dei giudici, ma il giovane avvocato non contesta.
Bugia numero 3: sui giornali si scrive che Francesco Tadini “si rifiuta di rispondere” (non era cosciente).
E’ un proliferare di notizie. Si pubblica, oltre alla sua faccia anche il suo luogo di lavoro, la foto dell’intera famiglia di Emilio Tadini il giorno del funerale, nonchè foto di suo padre, di suo fratello e di sua madre (cosa non si fa pur di vendere copie…eppure, Francesco Tadini non era così noto da non aver diritto alla privacy e ancora oggi mi domando perché di orrendi e provati pedofili si riportano solo le iniziali del nome).
Ormai l’impianto accusatorio aveva preso una brutta piega supportato da tutta la campagna stampa a cui la difesa aveva preferito non replicare.
Ho paura. Mi ribello. Cerco disperatamente un nuovo avvocato. Si arriva al processo con un nuovo legale e nuovo materiale richiesto all’accusa per capire meglio i fondamenti accusatori. Non tutto viene reso disponibile, ma quanto basta. Si cerca di correggere un’impostazione difensiva sbagliata.
Il processo
Grazie all’analisi delle nuove intercettazioni in possesso della difesa, al processo si chiariscono aspetti fondamentali:
1) Francesco Tadini non c’entrava nulla con la ricerca di bambini (Francesco non conosceva nemmeno la prostituta a cui si faceva riferimento, si trattava di un altro cliente, di un’altra persona). Un clamoroso errore di persona.
2) Si scopre che non era mai stato con una prostituta minorenne.
Francesco Tadini viene assolto dall’accusa originaria, ma ugualmente condannato.
La modifica dell’accusa originaria
Il giudice decide di trasformare il reato di “aver avuto un rapporto con una prostituta minorenne” in un “tentativo di avere un rapporto con prostituta minorenne” a causa delle volontà telefoniche espresse nelle telefonate intercettate tra lui e la prostituta di sua conoscenza.
Quest’ultima proponeva questo ai suoi clienti e per questa ragione era sotto intercettazione da parte della polizia. Tadini finisce con l’essere intercettato come tanti altri clienti e per questo finisce in tribunale.
Da questo momento contro Francesco Tadini si sancisce una chiara e definitiva condanna alle intenzioni.
La condanna
La condanna di primo grado è tre anni, ma il pubblico ministero era a dir poco indignato: ne voleva di più per quello che lui descrive come un vip degenerato che andava in giro con una Porche nera nelle notti milanesi (l’unica auto acquistata da Francesco Tadini nella sua vita è stata una Twingo e all’epoca dei fatti non aveva auto di sua proprietà, ma usava la mia Kia Carens). A Francesco Tadini gli vengono negate anche le attenuanti generiche nonostante fosse incensurato perché non avendo risposto all’interrogatorio di garanzia non era ritenuto collaborativo ergo nemmeno pentito (se gli avessero riconosciuto le attenuanti generiche non avrebbe fatto il carcere).
Bugia numero 4: sui giornali si scrive che Francesco Tadini viene condannato a tre anni perché ha “tentato di stuprare una minorenne” (le parole hanno un valore e se io leggo “tentato stupro” mi immagino uno con le mani addosso…., non uno che chiede un incontro al telefono ….)
Risultato: la stampa ironizza perfino sull’unica dichiarazione di Francesco Tadini rilasciata ai giornali nel corso di tutta la sua vicenda giudiziaria in cui si manifestava felice di aver dimostrato di non aver mai cercato bambini e di non essere stato con una minorenne. Era azzerato.
Tutto ciò che la difesa non è riuscita a far prendere in considerazione
1) l’intercettazione telefonica in cui Francesco Tadini dice alla prostituta che non voleva incontrare una prostituta minorenne, perchè era “sbagliato e basta” e che non voleva più avere contatti con lei. Di fatto risulta agli atti che Tadini non la vede più, né più si mettono in contatto telefonico da oltre un mese e mezzo (di fatto l’azione ritenuta penalmente perseguibile si era interrotta per sua volontà ben prima di diventare reato).
2) viene presa come volontà di Tadini di occultare l’aver acquistato per se a Natale un telefono Iphone (era l’anno del boom di questa marca di cellulari). Il vecchio telefono, quello con il numero in possesso alla prostituta, nonostante fosse mezzo rotto, lo presta a me perché perdo il mio cellulare ed uso il suo numero per un mese. (Ebbene me lo avrebbe dato se ci fosse stato il rischio di ricevere chiamate da una prostituta?)
3) Se avesse voluto occultare un reato, come mai non si sarebbe liberato del materiale pedopornografico proveniente da internet e mai visionato giacente da mesi? (ne avrebbe avuto tutto il tempo prima del sequestro e quindi o non sapeva di averlo e quindi era solo frutto di uno scaricamento automatico non voluto o non sapeva che scaricare immagini dalla rete, sebbene da siti accessibili a tutti, fosse reato ).
Cosa succede alla prostituta conosciuta da Francesco Tadini accusata di prostituzione minorile
La banda di rumeni che gestiva il traffico delle prostitute intercettate, tra cui quella conosciuta da Francesco Tadini, finisce in carcere e processata con l’accusa di prostituzione minorile. Tutti, compresa la prostituta in questione, vengono assolti perché non prostituivano minorenni.
Dai domiciliari alla cassazione
Il 23 dicembre del 2010, dopo 7 mesi di carcere, Francesco Tadini ottiene gli arresti domiciliari con divieto assoluto di qualunque contatto, anche telefonico. Dopo un anno la situazione rimane tale e quale con la dichiarazione del magistrato che siccome i rumeni della banda delle prostitute era stata assolta e si trovava in libera circolazione, lui avrebbe potuto incontrarli a casa (certamente alla mia presenza pure….).
Si chiede l’appello e si denunciano un quotidiano e una tv web per diffamazione, ma le richieste di Tadini vengono tutte regolarmente e totalmente respinte e archiviate. Idem in cassazione dove la difesa cerca di far cadere il reato di tentativo che invece viene ritenuto valido, proprio perché, paradossalmente, non c’era alcuna minorenne (qui non sono in grado di comprendere, ma mi adeguo).
Francesco Tadini termina la sua detenzione nell’ottobre del 2012. La sua pena mai. Condannato pubblicamente ed erroneamente come un pedofilo rimane, tutt’ora, bersaglio pubblico grazie alle notizie perennemente in rete.
Resta uno dei tanti uomini che è andato con una prostituta, che ha cercato il brivido sbagliato e che ha visto di tutto e di più sul porno on line.
Niente di più storicamente banale, ma non tutte le storie sono uguali.