Pro Lumen Light Trasmutation è il titolo di una mostra che Stefano Russo ha realizzato presso la casa Museo Spazio Tadini a Milano nel 2015, ma anche l’invito a percorre un viaggio: una trasmutazione attraverso la luce.
Stefano Russo ha presentato una selezione delle sue “armi percettive” vere e proprie macchine/scultura che sintetizzano, nella loro composizione scenica, un percorso di avvicinamento alla visione di se stessi e del mondo.
Dal buio alla luce come una nascita e come la storia dell’umanità che attraverso le scoperte tecnologiche e scientifiche ha migliorato la visione del mondo: “ha fatto luce”. Nei secoli si è passati dalla visione ad occhio nudo, alla visione attraverso macchine sempre più sofisticate che oggi permettono di vedere ed esplorare sempre meglio la vastità dell’Universo. Queste invenzioni e scoperte hanno cambiato le nostre prospettive, dalla scienza all’arte.
La luce è per Stefano Russo il filo conduttore di un percorso, sicuramente quello dell’uomo, ma forse anche quello dell’Universo. La luce segna spesso il passaggio tra un prima e un dopo. Pensiamo al momento della nascita, quando il bambino si muove dal buio del ventre materno e si spinge verso la luce. Sempre la luce sembra essere il ricordo che accomuna coloro che si risvegliano dal coma. Lo stesso Big Bang è un’esplosione di luce e allora forse c’è da credere che, nella luce, sia insita la stessa variazione della materia dalla vita alla morte.
L’artista compone le sue macchine percettive come costrutti che attraverso lenti, cannocchiali, riflessi, proiezioni e colori spiegano il percorso, in chiave metaforica metaforico, sia della composizione della luce, sia degli effetti della luce nell’unico mezzo attraverso la quale la conosciamo: il corpo.
Infatti le macchine percettive di Stefano Russo sono da lui stesso definite “armi”, non nel senso di strumenti di morte, ma di veri e propri mezzi atti a concentrare la loro energia su un punto preciso del nostro corpo stimolandolo e modificandolo. Pensiamo agli effetti della luce nel ciclo sonno-veglia, alla serenità che si ritrova nel riallinearsi ai ritmi circadiani. Pensiamo all’emozione che suscitano i colori e a quanto l’uomo contemporaneo stia abusando della luce artificiale fino a perdere i benefici stessi della luce.
Ebbene se l’artista non è solo colui che elabora ad arte, ma è in grado di saper stimolare riflessioni Stefano Russo lo si può definire tale a pieno titolo. Stefano non scolpisce la materia, non usa pennelli e colori, ma assembla, a volte anche con equilibri precari, così come è la vita, i suoi pezzi di lenti, cannocchiali, provette o congegni recuperati da laboratori di fisica, di chimica, dello studio di un ottico o fotografo tanto quanto di un astronomo e, nella loro ricomposizione, ridisegna il senso delle cose.
Le sue mostre sono un viaggio tra chiari e scuri, tra luce e colori alla riscoperta dell’Uomo e dell’Universo, attraverso una riflessione sull’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande dove tanto ancora c’è da vedere, ma anche da immaginare.
Melina Scalise

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