Dialogo con un foglio di carta
di Melina Scalise
Vellucci usa la carta come uno scultore adopera la materia tridimensionale. Lavora sulla capacità di assorbimento del foglio e il risultato del suo lavoro è il giusto equilibrio tra l’ordine e il caos, tra la casualità e la razionalità, tra un togliere e un mettere, tra un più e un meno.
L’acqua agisce sul foglio, si insinua nella trama, entra nelle sue venature, si imprime sulle molecole così come uno scultore userebbe le mani per plasmare l’argilla e le dita per ottenere il dettaglio.
Il foglio assorbe i colori diluiti e restituisce forme, tracce, segni. L’acqua si muove sul foglio restituendo una grafia, come sa fare il vento che muovendosi tra le cose produce un suono, un sibilo, quasi una musica. Comincia così un “dialogo” tra il foglio di carta e l’artista. Vellucci legge e risponde con nuovo colore, con una nuova acqua vitale e a sua volta il foglio replica, risponde, si trasforma, si anima.
Una conversazione tra un corpo inanimato e un corpo animato, tra un oggetto e l’uomo, in cui l’acqua agisce come elemento vitale, linfatico, primordiale, originario.
La ricerca di Vellucci sta nello scoprire questo rapporto, nello svelare il codice intrinseco all’oggetto, mosso da quell’impulso che anche Michelangelo sentiva quando, toccando il marmo, riteneva che vi fosse già in esso contenuto il soggetto della sua scultura.
L’artista dunque è una sorta di rivelatore di ciò che già appartiene all’elemento. Una concezione che va ben oltre il contesto artistico perché giace su un modello di rapporto tra l’uomo e la Natura che non ha nulla di antropocentrico per avvicinarsi ad un’interpretazione più olistica del mondo e dell’universo.
L’elemento naturale, come la montagna, la foglia, il fiore, il riflesso sull’acqua che sono raffigurati nei lavori di Vellucci sono dunque un risultato quasi inevitabile e consequenziale al suo approccio artistico e ideologico.
L’uomo e la natura appartengono allo stesso codice, allo stesso universo di immagini, di segni e di elementi. L’artista riporta alla luce, grazie all’acqua, le forme che sono contenute nella specificità della materia.
Il foglio di carta dunque non è più strumento su cui si sviluppa la semantica, ma una sorta di mezzo video che muove in superficie forme riconoscibili all’occhio umano che ne se appropria.
Patrizio Vellucci, grazie all’acqua e al colore, sprigiona quel flusso e apre la sequenza visiva ed espressiva con una straordinaria sensibilità e delicatezza. Il risultato è un effetto particolare fatto di trasparenze e colori che si allontanano dalle capacità dell’acquerello, perché non sempre l’artista lascia alla carta il dominio, a volte lo contrasta, ci discute e con l’uso del tratto, di colle e altro impone anche la sua visione per giungere a una sintesi che sprigiona una straordinaria vitalità e gioia.