Inchiostro per…. Renzo Ferrari

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In occasione della mostra a Spazio Tadini dell’artista Renzo Ferrari è stato pubblicato un catalogo edito da Skira che raccoglie i lavori dal 1980 ad oggi.

DI MELINA SCALISE

Renzo Ferrari ed Emilio Tadini erano due amici, due artisti. Insieme hanno parlato di pittura e insieme ancora oggi parlano d’arte attraverso le pagine di questo catalogo che raccoglie alcune opere di Renzo Ferrari e tre testi, dedicati al suo lavoro, scritti da Emilio Tadini.

Una “conversazione” a due: da una parte la matita e il colore, dall’altra l’inchiostro e le lettere, entrambi forti nei tratti e nei concetti,  attuali oggi come ieri, perché nulla c’è di più potente dell’arte per vincere il tempo e trovare un eterno presente, qui ed ora.

La mostra a Spazio Tadini è un omaggio a quel dialogo e, non a caso, diventa l’occasione per un’intervista tra Renzo Ferrari e Francesco Tadini, figlio di Emilio, per riscoprire il pittore, l’uomo e l’amico paterno. Ad accogliere l’esposizione di Ferrari  c’è oggi il  luogo dove dipingeva e scriveva Tadini. In questi  spazi/museo, dove ancora si conserva il lavello intriso dei colori dell’”Emilio”, ritorna il tratto di Ferrari pronto ancora a segnare e mordere.

Non c’è uno solo dei suoi lavori che non esprima forza e vigore. Ogni foglio, ogni tela, è contenitore di un racconto intero in cui si agitano personaggi e cose in un apparente caos, anagramma del caso e della vita. Ed è proprio la vita ciò che si sprigiona dalle opere di Ferrari. Ci sono intrecci di uomini e cose, di parole e spazi, di prospettive e piani. Sono come quei racconti onirici che lasciano sapori e colori alle giornate di veglia, perché così intensi ed enigmatici che te li porti dentro il mondo cosciente come schiaffi incompresi.

Il gesto di Ferrari è sempre veloce, graffiante e là dove non trova espressione nel tratto, l’artista usa anche la parola, imprigionata qua e là, tra un volto e un abbraccio, in uno sfondo o in primo piano. Segni e significati sparsi ad aprire porte per altri pensieri, per altri racconti. Teatrini della memoria dei sogni, ma anche creazioni volutamente celebrative della fecondità della nostra mente. Infatti, non è raro trovare le figure di Ferrari chiuse all’interno di un perimetro definito da un tratto nero o da un colore. Queste sono imprigionate insieme al loro mondo di cose e parole in uno spazio prescelto della tela e del foglio come se fosse una cellula o una sorta di sacco amniotico: un ventre generatore. Lì c’è l’essere, la sua storia, l’intero mondo in un perimetro con tutti i suoi chiaroscuri, i suoi colori puri. Bolle atemporali dove Ferrari non cerca l’espressione compositiva e ricercata dell’adulto, piuttosto quella del bambino, privo di censure, al quale ancora tutto è concesso.

Ferrari è capace di raccontare, attraverso la sua pittura, quanto lo spazio e il tempo dentro ognuno di noi siano infiniti. Egli ha scelto di vivere quella dimensione di eterno. In lui convivono il bambino e l’adulto la donna e l’uomo, il cane e il gatto senza paura di guardarsi negli occhi e fingere di essere amici. Non c’è pudore, non c’è preconcetto, non c’è logica, ma forza primitiva, quasi magica a propiziare qualcosa o ad aspettare che qualcosa di nuovo accada”.